TRADIZIONI
17-01-2018 di Ferdinanda Vigliani
La costa est dell’Africa.
I confini di quell’unità linguistica e culturale nota come cultura Swahili vanno da Mogadiscio a nord fino a Capo Delgado in Mozambico.
Una lunga fascia costiera accomunata da una sola lingua: il kiswahili, un misto di arabo e di bantu di cui si conoscono testi risalenti al XII secolo.
Ma un forte elemento visivo, un sistema della moda che domina l’abbigliamento delle donne, si impone in tutta quest'area agli occhi del viaggiatore.
È un’esplosione di colore, uno sfoggio di forme e di elementi simbolici, un tocco di eleganza a cui neppure la donna più povera potrebbe mai rinunciare: il kanga.
Il kanga, un semplice pezzo di tessuto di cotone di circa un metro e 75 centimetri per un metro e 25, che rappresenta l’arte, la bellezza, la cultura e i costumi delle donne della costa.
Non un semplice capo d’abbigliamento. Molto, molto di più.
Tra gli Swahili della Costa Est dell’Africa la tradizione vuole che, quando un uomo si sposa per la prima volta, mandi in dono alla fidanzata un sanduku, cioè un cofano contenente tutto l’abbigliamento della sposa, dagli abiti alla più delicata lingerie. Ne fanno parte anche vari oggetti per la casa e, per i benestanti, anche gioielli d’oro e moderni apparecchi elettrici. Ma il gradimento di un sanduku, non importa quanto ricco, è sempre legato a quante paia di kanga contiene.
Abbiamo detto “paia”. Sì perché i kanga vanno sempre in coppie e così vengono indossati dalle donne, mentre gli uomini possono, occasionalmente e tra le pareti domestiche, portarne un pezzo solo legato intorno alla vita.
Mentre mi trovavo a Zanzibar un giornale locale riportava un'intervista alla famosa percussionista Fatma bint Baraka, popolarmente nota come Bi Kidude.
Il tamburo di Bi Kidude (che come le spade degli eroi nei poemi cavallereschi ha un nome: Mson-do) non può essere suonato se non è legato alla vita con un kanga.
Una corda o una cintura non andrebbero altrettanto bene. È una questione di delicatezza, di grazia, di morbidezza che secondo Bi Kidude solo con un kanga si può ottenere.
I colori dei kanga hanno sempre un significato speciale.
Ad esempio durante il ciclo mestruale le donne indossano di preferenza kanga rossi e neri.
Soprattutto un tempo, quando una grande riservatezza dominava anche i rapporti coniugali, questo era un messaggio per il marito: quando una donna è in rosso, non si può sperare nei suoi favori.
Il kanga rosso e nero viene di solito donato anche alla giovane donna che ha avuto la prima mestruazione o a una donna che ha da poco partorito, mentre alla sposa viene dato un kanga con un disegno speciale a piccole croci e rosette, chiamato Kisutu, simbolo del suo ingresso nell’età adulta. Il kanga Kisutu ha tre colori: bianco, nero e rosso sangue. Colori che nella tradizione hanno un significato: il rosso è testimone della verginità della sposa, il nero rappresenta il dolore della deflorazione, il bianco è il colore del seme maschile che la fanciulla sperimenta per la prima volta. Per i matrimoni spesso le donne di entrambe le famiglie, quella della sposa e quella dello sposo, scelgono un unico disegno, come una divisa informale da indossare durante le celebrazioni, per solidificare l’unità delle due famiglie. Su un mercato ho potuto acquistarne uno evidentemente destinato alla madre di una sposa, che oltre i beneauguranti disegni rossi e bianchi reca la scritta : "Benvenuti distinti ospiti al matrimonio di nostra figlia".
I kanga bianchi vengono indossati con la luna piena come simbolo del candido amore di una donna verso il suo sposo. Mentre altri brillantemente colorati si portano con cinture di perline di colore intonato, raffinato arsenale del fascino femminile.
A Zanzibar i kanga vengono usati come abbigliamento notturno sia dalle donne, sia dagli uomini e il tessuto impregnato di un eccitante dolce profumo agisce come un afrodisiaco che intensifica l’intimità. Un uomo che tornando a casa dal lavoro trova la sua stanza pervasa di essenza di rose con due kanga appoggiati sul letto e profumati di gelsomino, subito capisce che sua moglie è di umore particolarmente affettuoso e espansivo. Un kanga con un messaggio come ‘Karibu wangu muhibu’, che significa ‘Bentornato tesoro’, pare abbia effetti prodigiosi nel risollevare il morale di un uomo e farlo sentire come un re.
I modi di indossare il kanga variano da un luogo all’altro. Sulla costa continentale le donne portano la coppia dei kanga sopra l’abito normale: uno attorno alla vita, l’altro gettato casualmente sulla spalla. Tra i Sukuma, tribù del Shinyanga, il kanga è portato anche dagli uomini, sopra camicia e pantaloni e viene indossato passandolo sotto un braccio, mentre le due estremità sono legate sull’altra spalla. Quando un uomo è così abbigliato, la gente sa che è sposato. Come per noi la fede all'anulare sinistro, a Shinyanga il kanga è un segno di status, simbolo del prestigio che il matrimonio conferisce ad un uomo.
I kanga considerati veramente indispensabili si dividono in tre gruppi: il paio per andare a letto, il paio per la preghiera, che è destinato a quel solo uso e deve essere sempre pulito, e il terzo paio usato come grembiale in cucina e per il lavoro.
Un certo kanga viene usato dal giorno in cui un bimbo è nato. E’ tradizione avvolgere il nuovo nato in un paio di kanga non ancora tagliati. Questo augura prosperità, forza e bellezza al bambino.
E inoltre testimonia del fatto che il piccolo è amato.
I kanga non sono usati soltanto nelle occasioni liete.
Tra i musulmani quando qualcuno muore, il corpo viene lavato e coperto dai kanga. Per questa funzione ne occorrono sei paia o anche di più. Un’occasione di mostrare il più alto rispetto, così come il fatto che per il funerale viene usato il paio migliore.
Dopo questo uso, normalmente il paio viene donato a una moschea dove le donne che la frequentano lo usano durante la preghiera. In questo modo i due kanga diventano una specie di ricordo del defunto e di benedizione che con la preghiera lo raggiunge.
Quando una donna è divorziata, riceve in dono dai parenti del marito una coppia di kanga, in cui viene lavata per segnare la fine della sua relazione coniugale. Lei dal canto suo lascerà al marito un paio di kanga come buon augurio per lui di risposarsi presto.
Senza contare i suoi usi funzionali di avvolgimento e trasporto dei bambini sulla schiena della madre, come grembiale, camicia da notte e scialle, un kanga ci dice subito se chi lo porta è felice o triste. Le vedove, durante e dopo il funerale, coprono la testa e l’intero corpo, lasciando all’aperto solo il viso e le mani. Una madre che ha perso il suo bambino, tiene un kanga legato stretto sullo stomaco, mostrando che in quel particolare momento sta soffrendo le stesse pene che ha sofferto durante il travaglio del parto. Infatti il kanga ha una funzione di corsetto per la donna che ha da poco partorito.
Per 40 giorni viene legato stretto attorno all’addome, in modo che l’utero, dopo essersi allargato, ritorni della sua dimensione normale, mentre la donna ritrova la sua linea.
Durante le cerimonie le donne si legano i kanga attorno al petto, li usano come turbanti e ne fanno molti usi pratici.
È questa l’unica occasione in cui le donne di Zanzibar li indossano anche fuori casa, usandoli come scialli per coprirsi durante le cerimonie tradizionali. Le giovanissime che frequentano la scuola coranica, si copriranno con il kanga per osservare la massima modestia e compostezza mentre siedono a gambe incrociate sui tappeti della scuola.
Di recente il modo di indossare i kanga ha assunto una grande varietà di forme e stili.
Qualche volta sono confezionati come vestiti, pantaloni, tuniche, qualche volta sono cuciti in forma di ‘Boubous’, secondo lo stile dell’Ovest Africa, che può essere molto attraente. Tutto dipende dai desideri di chi lo indossa. Il sistema della moda del kanga è versatile e tende ad essere culturalmente pervasivo e la maggiore facilità odierna nelle comunicazioni ha contribuito alla sua diffusione anche in paesi africani lontani dalla costa Swahili.
Ma qual è la storia del kanga? Il prestigio, le emozioni e le tradizioni che lo accompagnano hanno un interessante retroterra storico.
L'abbigliamento più diffuso prima della sua introduzione era il kaniki, un telo di cotone nero che aveva pressappoco le stesse misure del kanga. Ma poi arrivarono i Portoghesi, che diffusero l’uso di due pezzi di tessuto indossati come mantello e sciarpa per la testa. Questi due pezzi furono chiamati Peso o Leso. In Kenya la parola leso è ancora usata al posto di kanga. Un po’ per volta questi leso invasero il mercato e infine vennero uniti a formare un disegno con quattro lati. Sei pezzi quadrati formavano un kanga. La parola 'Kanga' è derivata dal nome di un animale, la gallina faraona, che in Swahili si chiama kanga. Questo perché ad un certo punto arrivarono dei fazzoletti con un disegno che somigliava a una faraona. Un po’ per volta la parola leso scomparve e la parola kanga rimase.
Con la diffusione del calicò, noto anche come marekani, i kanga vennero stampati su questo tessuto usando una sola tintura per l'intera pezza. Speciali stampi di legno venivano scolpiti e intinti nel colore prima di essere pressati sul tessuto, formando così i primi semplici disegni. Diverse forme vennero sperimentate prima di assumere quella attuale: un tempo il kanga non aveva bordi. Nelle isole questo modello era conosciuto con il nome di ‘Mkunuto’ e a Tabora come ‘Mohamed Abeid'. Poi due bordi furono introdotti sui lati più corti, lasciando il tema principale (mji) al centro e sugli altri due lati. In seguito il disegno fu modificato fino ad assumere la forma attuale, con il bordo su tutti i quattro lati.
Questo a partire dall’inizio del 18° secolo. Misure e stile del kanga che noi vediamo oggi hanno dunque circa tre secoli.
Sulla Costa Est dell’Africa, con la sua importante influenza islamica e araba, molti abitanti sapevano leggere e scrivere la lingua swahili in caratteri arabi già in tempi molto antichi: i primi documenti rinvenuti dagli studiosi risalgono al XII secolo.
Poi, verso la metà dell'800, i missionari incominciarono a scrivere il kiswahili in caratteri latini, che, vuoi per motivi di colonialismo culturale, vuoi per la loro maggiore facilità, prevalsero rapidamente sull'arabo. Tra la gente della Costa l'analfabetismo era dunque anche in passato relativamente poco frequente e questo spiega la grande fortuna dei messaggi scritti sui kanga, fin dai tempi in cui questi erano disegnati e stampati in due soli colori. La cultura swahili ama molto il motto di spirito, l'epigramma, il proverbio, la frase ben scelta, la parola appropriata all'occasione. Qui la parola può addirittura essere indossata. Una rivincita per le donne, che la cultura tradizionale vuole abituate al silenzio e alla riservatezza.
Ai tempi coloniali, i kanga venivano stampati in Inghilterra con slogan di Winston Churchill destinati a conquistare l’elettorato femminile. Ma quando i kanga inglesi inondarono il mercato, le donne del Tanganika preferirono importare i loro kanga dalla Cina e dall’India. Gli abiti che indossavano diventavano dunque un simbolo della lotta per l’indipendenza. Oggi il governo e varie istituzioni usano i kanga per le campagne di informazione, come ‘malaria ni hatari’, per allertare il pubblico sui pericoli della malaria. Ugualmente vengono usati per campagne politiche, di salute pubblica, sull’educazione e sull’agricoltura.
I diversi tipi di kanga sprigionano la loro speciale magia nella relazione tra il tema principale, il colore, le parole e il disegno. E poi c’è la relazione tra il donatore e la donna che riceve il dono a complicare parecchio le cose. Certamente i messaggi stampati sui kanga: versi, proverbi, espressioni ironiche, epigrammi o parole affettuose, giocano un ruolo importante nel valore del dono. “La madre è come una regina” dice il messaggio su un kanga che ho comprato a Zanzibar. I colori dominanti sono il rosso, il nero e il rosa. Il disegno è floreale, ampio, disteso e comunica un senso di appagamento e di felicità. Un dono molto appropriato per una donna che ha da poco avuto un bambino.
Ma non sempre i messaggi sono così positivi. Qualche volta possono anche essere molto pungenti. Questa è una storia che ho sentito raccontare in Tanzania: Mwatumu, una bella ragazza di Dar-es-Salaam stava andando in giro col marito di Mtumwa, che era molto gelosa. In occasione di una festa di matrimonio, Mtumwa indossò un paio di kanga con un messaggio di avvertimento destinato alla sua rivale: ‘Nyuki mkali kwa asali yake’, che significa ‘L’ape difende con ferocia il suo miele’. Ma guarda caso, nella stessa occasione, Mwatumu – chissà come la furbacchiona era riuscita a conoscere il messaggio di Mtumwa - indossava un paio di kanga che dicevano ‘Na tule asali tumwache nyuki na ukali wake’, una replica a Mtumwa che significa ‘gustiamo il miele e lasciamo all’ape il suo pungiglione’. Nessuna delle due donne avrebbe potuto direttamente accusare l’altra di avere scatenato un battibecco. È una legge non scritta che adornarsi con un kanga dai messaggi appropriati sia un diritto di ogni donna: le interpretazioni poi vengono lasciate ai diretti interessati.
Se ad esempio una donna non è in buoni termini con la suocera, può non desiderare di affrontare direttamente la donna più anziana. Allora potrà aggirare l’ostacolo con un kanga che dice ‘Sema usemayo mitaani ni wangu ninae ndani’, che significa alla lettera ‘Tu puoi dire e fare quello che ti pare, ma sono io che ce l’ho nel mio letto’. O un messaggio ancora più aperto ‘Mama mume nimemkuta baoni na kuku mweupe mkononi’, afferma addirittura che la suocera ha fatto ricorso alla stregoneria per separarla dal marito.
Kanga con messaggi speciali per gli sposi novelli vengono scelti come buon augurio. Un esempio è un messaggio che dice “Nitunze nipendeze waigao wasiweze”, ‘trattami affettuosamente se vuoi che ti nutra’. Ci sono messaggi per i partner infedeli, come ‘Utamaliza mabucha nyama ni ile ile’, che significa ‘Hai fatto il giro di tutte le macellerie, ma la carne ha tutta lo stesso sapore’. Mentre uno un po’ meno crudo afferma: ‘Tukae tuishi wazuri haweshi’, cioè che se la coppia vive in armonia una nuova bellezza nasce ogni giorno. Su di un altro leggiamo ‘Mke wa nyumbani ni mwaganza wa chumbani’: in una casa la moglie è come la luce accesa in camera da letto.
Insomma i kanga possono esprimere amore, gelosia, odio, rivalità e una quantità di altre cose. Un vicino rumoroso ad esempio può essere accuratamente informato ‘Nilidhani jirani kumbe fisadi mtaani’: ‘Credevo che fossi un buon vicino, mentre non sei che un distruttore’. Oppure ‘Jirani mbaya usimuonee haia’: ‘un cattivo vicino non merita rispetto’.
In ogni caso, viene sempre fatta una scelta molto accurata: non importa quanto piace il disegno, se il messaggio non è corretto, si rinuncia ad indossarlo.
Ecco alcuni dei messaggi più frequenti che si trovano sui Kanga.
USIMWINGILIE ALIYOPEWA KAPEWA
(Non mi molestare: quello che è mio è mio, quello che è tuo è tuo)
MAZOEA YANA TAABU TABIA ZIKILINGANA
(Ci conosciamo troppo: se tu stai lontano io non sto bene)
BORA FURAHA KULIKO KARAKA
(Meglio felici piuttosto che infelici)
KARIBUNI WAUNGWANA NNA HARUSI YA MWANA
(Benvenuti distinti ospiti al matrimonio di mia figlia)
NAMSHUKURU MANANI KUNIPATIA MWANDANI
(Grazie a Dio che mi ha dato il mio amore)
UNAJIFANYA MPAMBE LAKINI MENGI YANAKUSHINDA
(Credi di sapere tutto e invece non sai niente)
BAHATI YANGU YA BATA SIKUZOEA KUPATA
(Non disturbare la mia fortuna cercando di gettarmi il malocchio)
WEMA HAUOZI
(Riconoscente per la buona azione)
ASIEJUA SIRIYANGU ASINICHUNGUZE MAISHA YANGU
(Tu non conosci la mia vita e dunque lasciami in pace)
MAMA NI MALKIA THAMANI YAKE NI YA PEKEE
(La madre è una regina di qualità impagabile superiore a tutto)
USISHINDANE NA WENYE BAHATI
(Non cercare di portare via la mia fortuna – contro la stregoneria)
HATA UKINICHUKIA LA KWELI NITAKWAMBIA
(Arrabbiati quanto vuoi, ma io ti dico la verità)
WEWE HATA UKINUNA MIMI WASI WASI SINA
(Se sei triste per causa mia a me non importa)
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