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SATIRA

Cianni Pino, vacanze a Watamu

Il ritorno di un turista più che italiano

11-09-2020 di redazione

Io in Chenia non ci volevo tornare.
Non che non mi aveva piaciuto, anzi di più!
Mi avevo goduto addosso a profusione.
Il mare blu, il cielo turchese, le spiagge rosade, e anche le donne belle colorate, altro che il grigio d’Itaglia che una volta era bianco rosso e verdone.
Non ci volevo tornare soprattutto perché avevo letto delle cose brutte, che ti poteva succedere che andavi in un bar italiano e ti rapivano oppure ti mettevano delle medicine scadute nel caffè, o ancora che magari ci avevi voglia di aiutare un bambino povero e poi lo venivano a sapere e ti licenziavano in ufficio al tuo Paese.
Mi avevo quasi terrorizzato ma il mio amico Geppe, che è un uomo girato perché ha stato anche a Santo Domenico e a Dubai, mi ha detto tranguillo in Chenia non ci ha mica solo Malindi, puoi scegliere mille altri posti belli lo stesso.
Malindi è meglio perché parlano tutti l’italiano e qualcuno anche il dialetto dell’Irpinia.
E io ci ho chiesto ma negli altri posti belli ci sono le spiagge rosade e le donne colorate?
Quante ne vuoi solo che si chiamano in maniera diversa.
Le spiagge?
Anche le donne!
Quella che magari si chiamava Jennifer a Malindi, da un’altra parte si chiama Priscilla.
O viceversa.
Così sono preso coraggio e ho fatto il biglietto per Watamu.
Allora ti dico subito che le spiagge sono più bianchissime che a Malindi, ma in spiaggia più che donne belle colororate ci sono maschioni con le trecce che ti chiamano amigo.
Scusa ma io amico di un maschione con le trecce non ho mai stato neanche da piccolo a carnevale.
Ci sono tante donne bianche invece che hanno diventate amiche dei maschioni, sarà per le trecce che infatti anche loro se le hanno fatte.
Uno degli sport preferiti che fanno queste donne con i maschioni è andare in motocicletta per l’Africa. Alla fine ci vanno così tanto che si comprano anche la moto.
Che la usano sempre loro.
I maschioni non so se si possono comprare, ma affittare credo di sì.
A Watamu è tutto turistico: hanno le bancarelle turistiche, i villaggi turistici, i ristorantini turistici, i negozietti turistici, anche molti turisti sono turistici con gli zainetti in spalla e i bambini in braccio.
O viceversa.
Mi ho segnato un po’ di differenze tra Malindi e Watamu.
A Malindi sono tutti vecchi, a Watamu sono tutti giovani.
E quelli di mezza età dove cacchio vanno?
Non c’è neanche un bar con la televisione raitalia e le partite del Benevento.
A Malindi gli inglesi sono tutti rinchiusi al driffud.
A Watamu vanno in giro a piede libero possono mangiare la pizza e bevono anche il cappuccino.
A Watamu se conosci un muzzungu, dopo un po’ che lo frequenti ti porta a pescare.
A Malindi se conosci un muzzungu, dopo un po’ che lo frequenti ti porta in Corte.
A Malindi tante strade hanno le buche, a Watamu tante buche non hanno ancora una strada tutta per loro.
A Malindi si mangia bene, a Watamu non si mangia mica male.
Ho andato in un ristorante sul mare e sono mangiato un’aragosta che era la stessa di Malindi.
Probabilmente arrivano qui a nuoto, che via mare non è lontano.
A Watamu si mangia troppo gelato dappertutto.
A Malindi si mangia il gelato di Watamu.
La sera anche a Watamu c’è fermento, anche se si chiama in un altro modo.
Però sono tutti posti un po’ ascellari senza aria condizionata, importante però i camerieri capiscono gin tonic in italiano e anche birra capiscono tascher.
Le donne di notte a Watamu hanno un po’ più care e fai più fatica a trovarne una diversa da tutte le altre.
Hanno molto uguali e non ce ne sono tante altre.
Un italiano che vive a Watamu da prima che esistesse mi ha detto che devi essere amico di un treccione e allora è più facile, perché lui ti presenta le sue amiche (non quelle bianche con la moto, no) che hanno un po’ diverse. Magari non studentesse come quelle di Malindi, perché a Watamu non hanno scuole così professionistiche, ma forse un po’ segretarie o infermiere o disoccupate simpatiche.
Comunque ho deciso che torno a Malindi, ha fatta più per me.
Torno a Malindi anche perché sono lasciato tanti amici italiani lì, così tanti che mi devono pure dei soldi.
O viceversa.

TAGS: satira kenyaitaliani kenyacianni pino

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