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SATIRA

Goodbye aragosta, ex regina del mare keniano

Una volta era il simbolo della vacanza tropicale

07-08-2021 di redazione

Anni fa a Watamu con mille lire si comperava un’aragosta viva al porto.
Oggi se c’è ancora un’aragosta rimasta viva, ti paga lei mille scellini per lasciarla in pace.
Ricordo che nel 1990 sulla spiaggia dorata di Che Shale dai pescatori di Mambrui scambiavo un kilo di aragoste con una maglietta del Genoa e mi ringraziavano pure.
Salvo poi fermarmi la volta successiva per chiedermi se avessi la casacca di una squadra un po' più forte, che mi riportavano indietro la mia.
Per molto tempo la regina dei crostacei è stata una pietra di paragone economica per chi intendeva vivere o soggiornare a lungo in Kenya o semplicemente voleva farsi bello con gli amici rimasti a casa: “A Malindi con i soldi con cui in Italia mangio un panino, mi faccio un’aragosta” oppure “Sono venuto a Malindi perché ormai in Italia per mangiare un’aragosta bisogna firmare una cambiale”.
Poi magari finiva che tornavano in Italia con la coda tra le gambe per le troppe aragoste mangiate…
Oggi l’Aragosta non è più così economica ed è diventata una rarità, anche perché i cinesi se ne prendono la metà dalle acque keniane, insieme ai calamari (e per fortuna i gamberi a loro piacciono piccolissimi...forse per una sorta di immedesimazione sessuale...) Ciò nonostante il prezzo della regina dei crostacei è sempre irrisorio, in confronto a quanto la si pagherebbe in Italia.
Magari è difficile trovarla ancora in salute, anche se gli intermediari tra il pescatore e il turista, i venditori di pesce che battono le strade e bussano alle ville di Malindi e Watamu, studiano ogni metodo possibile per rianimare le aragoste in presenza di un mzungu. Sanno dove toccarle per dare loro un ultimo impulso anche se sono defunte da tre giorni, le ibernano vive attendendo che la medicina trovi una cura per farle risorgere e insegnano loro il balletto di Thriller. Quando non c’è più niente da fare, usano per loro le stesse tecniche di trucco che fanno apparire Berlusconi da sempre poco più che cinquantenne, le dipingono con la tempera e sbiancano la carne che si è fatta giallastra con il Jik, la candeggina locale. Per fortuna con un’aragosta andata a male non si va al creatore dei Cieli e della Terra, ma solo a quello della vostra toilette keniota, anche per parecchi giorni.


(tratto e attualizzato dal volume “Malindi dall’Askari alla Zanzara”)

TAGS: aragosta kenya

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