Mal d'Africa

MAL D'AFRICA

Ecco perché Watamu mi ha stregato

"E' la terza volta che torno e vorrei fosse l'ultima. Per restare"

27-06-2017 di Angela

Il mio Mal d'Africa ha un nome, Watamu.
Conosco poco del Continente Nero, ho visitato il parco nazionale dello Tsavo e la riserva dell'Amboseli, ho visto le cascate Vittoria in Zambia e ho fatto volontariato per due settimane in Uganda.
Ma è bastata una vacanza sulle rive dell'Oceano Indiano, in Kenya, per farmi pensare: "ecco sono a casa".
Sarà che ho sempre amato il mare, che ho scoperto in tarda età (ho appena passato i cinquanta) che una delle cose che ami di più è passeggiare sulla spiaggia, anche due volte al giorno, all'alba e prima del tramonto.
A Watamu ho scoperto il piacere di percorrere tutta la striscia di sabbia bianca che va dalla baia dell'Hemingways alla spiaggia della Garoda e ritorno.
Qualcosa di fantastico, incomparabile. Di fianco a te, un mare azzurro che diventa turchese, blu e assume tutte le altre tonalità marine.
Vivi e respiri natura come poche volte può capitarti in un luogo di mare, con l'orizzonte che ti inghiotte e il cielo che ti fa da casa. 
Dall'altra parte, la verde selva di palme e casuarine che nasconde la civiltà.
Ma Watamu ovviamente non è solo spiaggia e acqua cristallina.
Non sono la classica turista, mi piace confondermi tra la gente, visitare i quartieri popolari, girare senza paure tra mercatini e bazar, incontrare sorrisi e sguardi curiosi. E Watamu da questo punto di vista è fantastica, se non frequenti solo la strada turistica del centro, dove purtroppo ti imbatti invece in un gruppetto di beach boys che ti apostrofano in italiano e cercano di venderti qualsiasi cosa, perfino se stessi dicendoti "ti amo", senza conoscerti nemmeno.
Ma Watamu è nelle viuzze che portano al mare, dietro le case arabe con i cortili interni dove le mamme cucinano samosa e chapati e accudiscono bimbi senza le apprensioni occidentali.
Watamu è nel casino felice di Timboni, dove le motorette dei bodaboda s'intrufolano ovunque, nella frutta esposta ovunque, nelle stradicciole che dall'asfalto in un attimo ti portano alla foresta. 
E poi c'è il creek di Mida, dove la Natura torna a regnare sulle persone e ti regala un relax che sembra appartenere all'epoca in cui noi occidentali ancora non sapevamo dell'esistenza del paradiso.
E' la terza volta che torno a Watamu e ancora mi perdo in queste cose con felicità, senza averne abbastanza.
E' la terza volta che torno e vorrei fosse l'ultima.
Per poter restare.
Per sempre.

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