AMBIENTE
19-04-2017 di redazione
Novanta tonnellate di infradito invadono le coste dell’Africa ogni anno, e molte di queste arrivano sulle spiagge del Kenya.
Watamu è la più impegnata delle località turistiche nella raccolta e nel riciclo dei “flip-flop”, come viene comunemente chiamato il materiale con cui si fabbricano queste ciabatte che hanno ormai invaso il mercato mondiale. I giapponesi le chiamano Zoris, Tsinelas nelle Filippine, in Brasile sono Chinelos. Sono le scarpe dei poveri di tutto il globo, ma anche le griffe di turisti sotto il marchio Havajanas.
Ogni giorno, secondo le stime delle associazioni ambientaliste, almeno otto milioni di tonnellate di plastica entrano i nostri oceani ogni anno. Nel 2050, ci potrebbero essere più chili di plastica che di pesce nei mari.
"Oltre tre miliardi di persone possono permettersi solo quel tipo di scarpa - dice Erin Smith di Ocean Sole, un gruppo di conservazione e di riciclaggio collettivo – E la durata media di un flip flop è di due anni, aggiunge”.
La maggior parte dei detriti di plastica arriva in Kenya da Asia, India e Cina.
La corrente oceanica li diffonde lungo tutta la costa orientale africana, e li porta alla deriva verso sud. Alcuni addirittura superano l'Oceano Indiano alla volta del più lontano Sud America.
Il Kenya non del tutto innocente, però.
Erin Smith sostiene che un'azienda locale produce 100.000 infradito al giorno, molti dei quali, inevitabilmente, si immettono anche nei corsi d'acqua e prima di raggiungere l'oceano sono già un problema. Smith riporta che a Kibera, una delle più grandi baraccopoli di Nairobi, una gran quantità di flip flop scartati ha già bloccato una volta fornitura di acqua pulita della zona.
Per chi frequenta le spiagge sono non solo un pugno nell'occhio, ma un pericolo per la salute diretta, e senza alcuna speranza di biodegradazione, con grande pericolo per la riproduzione delle tartarughe e per la vita dei granchi, oltre che per l’inquinamento marino in generale.
Matilda Mathias, una raccoglitrice di detriti del "Blue Team" di Watamu, cita i benefici per l'industria del turismo, quando le spiagge sono pulite, e spiega che dal riciclo la popolazione locale può trarre vantaggi economici.
Per questo, oltre alla raccolta stanno sorgendo anche artigiani che producono opere o oggettistica da vendere.
La maggior parte della plastica che si deposita sulla spiaggia di Watamu viene riciclata e riutilizzata. Ocean Sole ha formato un team di circa 40 artigiani in un workshop a Nairobi che creano oggetti e sculture dai flip flop e ora in Europa anche alcune importanti aziende di scarpe, come ad esempio l’Adidas, stanno pensando ad una linea che contempli l’utilizzo delle infradito riciclate.
PERSONAGGI
di redazione
Viviamo in un periodo storico in cui l’arte, oltre al valore intrinseco e storico di portatrice di bellezza e di stimolatore della mente, assume un ruolo sociale molto importante: può aiutare l’essere umano nelle sue battaglie per la tutela dell’ambiente...
AMBIENTE
di redazione
Una grande soddisfazione per il lavoro che da anni la Watamu Marine Association porta avanti per la tutela dell'ambiente marino nella nostra splendida località turistica.
In ...
CURIOSITA'
di redazione
Virgola è uno dei più noti ed importanti marchi italiani nell'ambito dell'hairdress e il suo storico fondatore e titolare Rinaldo Rampon è un innamorato del Kenya.
Da anni frequenta Watamu e le sue spiagge, ma non solo.
Dal suo "mal d'Africa"...
LUOGHI
di redazione
Metti una splendida struttura che sembra una torre disegnata da Gaudì in mezzo alla foresta ancora vergine di Watamu, ad un centinaio di metri dall'oceano e dalla lunghissima bianca spiaggia tra Turtle Bay e Garoda.
ARTE
di redazione
"In Africa si torna sempre".
E' una delle frasi più usate e stereotipate sul continente Africano, ma contiene in sè diverse verità.
Spesso anche dopo un solo breve soggiorno turistico ci si affeziona e ci si lega magicamente alle sensazioni uniche...