LUOGHI
04-01-2022 di redazione
Dicono che dove ci sono rocce rosse c’è odore di ferro e puzza di zolfo.
E dove c’è puzza di zolfo c’è Shetani, il diavolo.
Il ferro invece lo ha messo Mungu, per imprigionarlo sotto terra.
Sopra la crosta dura brulica un mondo di anime assetate per cui le rocce che sovrastano il grande villaggio sono la certezza di essere a casa, ma anche la consapevolezza di essere nati in un luogo che l’eterna lotta tra il bene ed il male ha reso arido e senza speranza.
Siamo a Mutomo, sotto le imponenti rocce che creano solitari massicci a perdita d’occhio, dove la bellezza è così aspra e impervia che è difficile chiamarla con il suo nome.
Un nome ce l'ha anche ognuno di questi giganti, oltre che una storia, una leggenda.
Un nome da eroe mitologico o demone dannato.
C’è il gemello africano di Polifemo, incastrato dal ferro e dalla lava raffreddata.
C’è il picco dei pazzi, che come un’altra montagna sacra di Kitui, trasformava i pellegrini in ciò che volevano inconsciamente essere e, si racconta, cambiava loro il sesso.
Si lascia la nuova strada asfaltata cinese che collega Kibwezi a Kitui, tra le ultime sterpaglie dello Tsavo Nord e i primi splendidi alberi di Jacaranda della valle di mezzo. Ci si arrampichiamo verso gli enormi massi millenari che dominano l’intero panorama. C’è un ufficio del Kenya Wildlife Service, ma tra teschi di bufali e babbuini tra i rami secchi di un’acacia abbarbicata tra le rocce, nessun segnale di vita in divisa o anche in borghese.
Qui dovrebbe esserci anche una riserva botanica, ma non é facile trovarla aperta.
Si sale ancora più in alto e la vista è maestosa e desolante allo stesso tempo: un deserto di pietre e rovi che si estende per chilometri, in un regno dove nemmeno il Diavolo ha voluto mettere piede.
Qui sotto la disperata gente del villaggio più remoto di Mutomo, tempo fa, ha visto macchie di umidità tra le rocce più difficili da raggiungere, dove ogni tanto si arrampica una iena o un altro animale che deve andare ad espiare l’allontanamento da parte del branco.
Gente con la testa più coriacea del ferro e dello zinco, e matta come quelle bestie si è messa a rompere, picchiare, scavare.
Le autorità non hanno mosso un dito ma almeno non hanno posto nessun veto, così finalmente è apparso un ruscello sotterraneo e la sua apertura, costata fatica e dolore sotto il sole cocente ad almeno un centinaio di volonterosi, ha creato un salvifico lago di acqua sulfurea ma pulita.
Mutomo non è salva, quell’acqua non è abbastanza, ma almeno le madri non devono cucinare filtrando l’acqua piovana e i bambini fermarsi a bere quella delle pozzanghere. Qui nel 2007 il colera ne ha uccisi tanti e da allora non si fa più vedere.
In paese si vive della pochissima agricoltura, si pascolano vacche anoressiche. Si prega in un grande capannone pentecostale e c’è anche qualcuno che sa dove procurarsi un paio di birre e ha i soldi per pagarle. Anche se in moto ci si sale in quattro per dividere le spese e i ragazzini vanno a scuola in uniforme e piedi scalzi, per non consumare le scarpe che si mettono solo al cancello d’ingresso.
A Mutomo ora si pensa alle miniere, perché il Kenya bucherellato di altre regioni insegna che dove ci sono metalli conosciuti, c’è anche qualche nuova preziosissima risorsa, quelle utili per le più moderne tecnologie, come gallio e selenio, e chissà anche che non si trovino gli imprescindibili coltan e cobalto che hanno messo a ferro e fuoco il Congo.
A questo punto, speriamo di no.
Che Mungu e Shetani la smettano per una volta di venire a litigare qui, tra le rocce di chi non ha colpa.
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