CURIOSITA'
11-02-2021 di redazione
Lo hanno chiamato “Simbakubwa”, il grosso leone in lingua kiswahili, ma in realtà l’enorme mammifero carnivoro vissuto sulla terra 22 milioni di anni fa e i cui resti sono stati ritrovati in Kenya, è di fatto il più antico esemplare di un gruppo di mammiferi estinti noti come “ienodonti”.
Le sue ossa fossili sono state rinvenute sei anni fa in un antro del Nairobi National Museum dal paleontologo americano Mattew Borths, che stava effettuando alcune ricerche sugli ienodonti. Sull’etichetta dei resti, che comprendevano gran parte della mandibola dell’animale, oltre a frammenti dello scheletro, del cranio e dei denti, era scritto semplicemente “iene”. I fossili erano stati rinvenuti nel 1978 a Meswa Bridge, nel Kenya occidentale .
E’ stato così che sono iniziati gli studi approfonditi sui resti di Simbakubwa, finanziati dall’Università di Buffalo.
Lo studio è stato pubblicato qualche tempo fa su Journal of Vertebrate Paleontology e aiuta a chiarire alcuni aspetti dell’evoluzione di questo gruppo di enormi carnivori, che si situavano quasi all’apice della catena alimentare negli stessi ecosistemi africani, nonché i motivi della scomparsa di questi enormi carnivori simili alle iene come aspetto, ma agli orsi come stazza, ma agili e potenti come felini.
“Prima ancora che i predecessori dei carnivori moderni che conosciamo molto bene - come i leone, le iene e i lupi - si evolvessero, le scena globale dei predatori era sostanzialmente dominata dagli ienodonti” ha spiegato l’esperto Jack Tseng dell’università americana a National Geographic, che ha in parte finanziato la ricerca.
Nonostante fosse grande e potente, Simbakubwa non riuscì comunque a sopravvivere e tutti gli ienodonti si estinsero alla fine del Miocene, circa cinque milioni di anni fa, probabilmente a causa di cambiamenti ambientali.
“Anche attuali ipercarnivori, come i leoni, le iene, le tigri e i lupi, sono fra i mammiferi più a rischio che esistono, e in parte a causa della loro sensibilità ai cambiamenti ambientali - ha spiegato Borths a National Geographic - poiché le popolazioni di animali ipercarnivori sono relativamente piccole rispetto a quelle di altri organismi, soffrono maggiormente quando la catena alimentare inizia a subire squilibri”.
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