Mal d'Africa

MAL D'AFRICA

Kenya, una vacanza diventata viaggio

"Ti ringrazio, Kenya per avermi fatto credere che..."

29-02-2020 di Monica M.

Conoscete la differenza tra “vacanza” e “viaggio”?
Io fino a due mesi fa, no, non la conoscevo.
Ho sempre viaggiato moltissimo, sono un’amante del mondo, e uno dei miei più grandi obiettivi è quello di riuscire, nell’arco della mia vita, a visitare tutti i posti più svariati del pianeta.
Ma in Africa, e precisamente in Kenya, ho scoperto che esiste una differenza abissale tra il fare una vacanza e fare un viaggio.
La vacanza, per quanto mi riguarda, è improntata maggiormente sulla visita dei luoghi, sulla degustazioni di determinati piatti tipici del posto, sul divertimento, sulla conoscenza di persone molto blanda. Il viaggio, invece, è tutto questo ma anche altro.
Credo sia qualcosa di molto più interiore. Forse la destinazione si è prestata maggiormente a questo tipo di considerazione.
Ma tutto questo, ovviamente, l’ho scoperto lì.
Ho sempre sottovalutato il continente Africa, non lo avevo mai considerato e spesso quando qualcuno provava a propormelo, ero sempre abbastanza categorica. Nonostante fossi particolarmente incuriosita dai Safari, non mi sono mai del tutto interessata ad andarci realmente: “Magari, un giorno ci andrò, ora voglio vedere altro”. Era questa la mia risposta.
Non so se questo rifiuto fosse dovuto dai pregiudizi e dalla paura, so solo che una volta arrivata in Kenya qualcosa è cambiato dentro di me.
Appena arrivata all’aeroporto di Mombasa, di notte, è prevalsa subito l’ansia. Un gentilissimo signore keniota era lì, già pronto per accompagnarci al nostro alloggio di Watamu.
Per scelta non dormo nei Resort, preferisco le sistemazioni più semplici, ed anche in questa occasione, tramite un’agenzia di viaggi, ci siamo accordate con una ragazza italiana del posto, la quale ci ha affittato un bellissimo bungalow all’interno di un “villaggio” vicino ad una delle spiagge più belle.
Una volta caricate le valigie in macchina, partiamo alla volta di questa cittadina costiera, la più turistica del Kenya. Strade buie, persone che camminavano su ogni lato della strada, moto che sfrecciavano a destra e sinistra, camion, venditori ambulanti. A tratti ho avuto paura.
Non lo nego e non me ne vergogno. Sono anche, però, abbastanza consapevole che se quelle strade le avessi percorse in pieno giorno, non avrei avuto la stessa sensazione di ansia.
Mano a mano che passavano i giorni, quei luoghi, quelle persone, quei profumi, quei colori mi stavano pian piano entrando dentro. Non so cosa sia successo, tutto quello che avevo immaginato di trovare si era rivelato tutto un “buco nell’acqua”.
Le persone erano fantastiche, gentilissime, del tutto aperte al dialogo, all’ascolto e al volerti mostrare tutto ciò che c’è di bello lì. Ho cercato di capire la loro cultura, i loro usi, ed ero ben disposta a rispondere a tutte le loro domande.
Una delle cose che più mi ha stupito, però, è stata la loro empatia, il loro modo di farti sentire speciale anche solo per cinque minuti.
Ho avuto la sensazione di creare dei rapporti veri, ed io che sono una persona con qualche “problemino” di sensibilità, mi sono lasciata trascinare completamente. Ho ritrovato la capacità di apprezzare le piccole cose. E’ davvero disarmante rendersi conto che esistono ancora persone che non hanno acqua, luce, strade asfaltate, una casa vera, cibo. Tutte cose che fanno parte della nostra normalità di vita.
Il Kenya mi ha cambiata, sono rientrata in Italia con maggiori consapevolezze. A volte, improvvisamente, succede che la mia testa si catapulta di nuovo lì riprovando le stesse emozioni, risentendo le voci di tutti quei bambini che vedevi uscire dalle frattaglie gridando “Ciaooo!!!! Jambo!!”; quei colori mai visti prima, tramonti che durano esattamente un minuto ma che sono di una bellezza inaudita, cieli strapieni di stelle che non mi stancavo mai di fissare.
Questo paese ti spiazza, se glielo permetti ti entra dentro, ti cambia. Ti fa piangere a volte, ma ti fa anche ridere tantissimo.
Ti ringrazio, Kenya, per avermi fatto credere che qualcosa di vero ed autentico esiste ancora.
Il Mal d’Africa? Si esiste, ve lo garantisco.

 

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