MAL D'AFRICA
14-11-2018 di Giovanna
Me lo dissero i baobab, quel giorno che l'interrogai.
Non sapevo proprio a chi chiedere quale genere di sensazione stessi provando, dopo la terza volta che il cuore, la mente e i piedi mi avevano costretto a tornare a Malindi.
Io che a 35 anni avevo girato il mondo, ero stata in vacanza negli angoli più remoti e fantastici del pianeta, che ero convinta prima o poi di cedere al fascino della Thailandia.
No, il cielo e i baobab richiedevano la mia presenza. Ora che da dieci anni frequento il Kenya con sempre più assiduità, mi rendo conto che c'era qualcosa di più profondo, c'era una terra che non chiedeva ma mi guardava muovermi con sempre più consapevolezza e mi offriva l'occasione per innamorarmi di lei.
La terra problematica che ho visto a Marafa e Garashi, dove sono stata dormendo nelle capanne per conoscere da vicino la famiglia del mio amico Kiti, dove ho partecipato a una cerimonia funebre, dove ho dolorosamente preso coscienza dell'impotenza di tutti nel vedere un bambino morire dopo due giorni di agonia, per qualcosa che non si saprà mai, perché è inutile l'autopsia in un Paese dove già non ti viene spiegato bene perché vivi e perché il mondo ti voglia far vivere così.
Per noi è tutto più facile, c'è sempre una spiegazione, c'è sempre un motivo e se non c'è, abbiamo professoroni e tuttologi così bravi a trovarne uno.
Abbiamo sempre ragione noi: la civiltà, la tecnologia, il progresso, la nostra voglia di crescere. Guarda loro invece che selvaggi, che poca voglia di lavorare e di cambiare il loro stato sociale.
Poi vedi a Nairobi chi lo ha cambiato e si comporta come il peggiore dei razzisti bianchi con il loro stesso popolo.
E' li che ti rendi conto che quando ti senti solo davanti alle ingiustizie del mondo, è con gli ultimi che devi stare, è loro che puoi aiutare senza chiedere a nessuno perché lo stai facendo e senza aspettarti nessuna riconoscenza.
Lo fai perché non ti senti solo, e questo sarebbe già un motivo per ringraziare questa gente, di ringraziare l'Africa per averti chiamato a sé.
Io chiamo questo amore, voi chiamatelo pure Mal d'Africa.
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