Storie

AVVENTURE

Filippo e Claudia, il Mal d'Africa in bicicletta

Una coppia italiana da Cape Town a Mambrui in bicicletta

10-12-2014 di redazione

Filippo ha casa a Mambrui e lì si è innamorato dell'Africa, Claudia ama viaggiare.
La passione per la bicicletta li ha uniti e hanno deciso di tornare sulla costa keniota partendo da Città del Capo e facendosi tutta la strada sulle due ruote, 7000 chilometri di bellezza, fatica, cultura ed emozioni uniche.
Per raccontare quest'avventura, hanno anche aperto un blog: www.cyclearoundafrica.com.
Da sempre lettori di malindikenya.net, ci rivelano com'è nata la loro iniziativa. 
"Ci sono mille modi di girare il mondo - spiega Claudia, dal Mozambico, dove sono attualmente - noi abbiamo scelto di farlo pedalando e di comiciare la nostra avventura pedalando in Africa.
Siamo partiti il 4 novembre scorso da Cape Town ed abbiamo cominciato a pedalare verso nord con destinazione Mambrui, dove Filippo ha casa dagli anni 90 e dove ha imparato ad amare l'Africa ,in maniera autentica e profonda".
Dalle strade perfette del Sud Africa, ai ponti divelti dalle piogge nel basso Mozambico, dalle soste in ecolodge a contatto con la natura, fino alle capanne di fango dividendo cibo di sussistenza con gli indigeni. "Abbiamo scelto questo tipo di viaggio - afferma la coppia - certi che segnerá in maniera indelebile le nostre vite e con la speranza che ci apra le porte per un futuro lavoro che leghi il turismo all’avventura. Il nostro intento é quello di metterci alla prova come singole persone avventurose e come coppia complice di un obiettivo comune".
Filippo e Claudia hanno aperto il blog in cui giornalmente raccontano la loro avventura ed attraverso cui cercano di trasmettere la miriade di emozioni che si presentano loro durante il viaggio, per poterle condividere con più persone possibili.
Da oggi, noi di Malindikenya.net racconteremo le tappe salienti del loro avvicinamento verso il Kenya. Momenti esaltanti come l'attraversamento dello Zambesi, le deviazioni nell'interno sullo sterrato tra foreste e villaggi per niente battuti dal turismo, dormendo in tenda nelle comunità rurali e nutrendosi di pesce e crostacei lungo l'infinita costa mozambicana. Altro che safari organizzati e villaggi-vacanze.
"Tra pochi giorni saremo al confine con la Tanzania - ci dice Claudia - e la voglia di tornare nel "nostro" Kenya e a Malindi sale sempre di più, nonostante molti dei luoghi che abbiamo attraversato ci siano rimasti nel cuore".


L'ARRIVO IN TANZANIA: SORPRESA IN OSPEDALE, FILIPPO HA LA MALARIA

Per la prima volta nel nostro lungo viaggio abbiamo odiato la nostra tenda.
Sembra brutto dirlo..ma non abbiamo mai odiato tanto la nostra capsula verde perfetta ovunque ma trasformatasi, in questa notte calda, in un forno crematorio.
“Potevate aprirla un po”
No!altrimenti sarebbero entrate le zanzare.
Cosi tra una maledizione ai produttori di capsule crematorie, una maledizione al dio Eolo che ha evidentemente preso ferie, una maledizione alle zanzare malariche, una all’umiditá, una al caldo ed una alla sparizioni delle mezze stagioni, che ci sta sempre bene, abbiamo trascorso una notte infernale.
Ad aggravare il tutto il raffreddore di Filippo, che ha aumentato a livelli spropositati il numero di maledizioni, e la pioggia incessante iniziata quando ci siamo infilati i caschetti e deciso di incamminarci verso il confine.
No, la giornata non inizia bene, ma stiamo per varcare il confine, niente e nessuno puó intaccare la nostra grinta.
Il confine é costituito dal fiume Ruwuma che si trova a 32 km da noi, la strada é sterrata e non sempre agibile in bicicletta, la pioggia trasforma tutto in fango, ma aspettiamo la fine della pioggia e ci incamminiamo speranzosi che non ricominci.
Il battello che ci deve portare in Tanzania parte poche volte al giorno, in base all’alta e bassa marea, oggi partirá alle 10, siamo in ritardo ancor prima di partire.
Nel caso in cui si perda il battello dovremo cercare dei pescatori che ci carichino con le biciclette e per delle cifre spropositate ci portino sull’altra sponda.
La strada comincia bene ma continua male, per non dire malissimo.
Pedaliamo come schegge, ma ad un certo punto il dramma, l’inaspettato dramma, quello che nessuno si aspetta: Filippo appoggia la bicicletta in terra e si accascia sotto un albero, il raffreddore si é improvvisamente trasformato in qualcosa di piú.
Iniziamo a cercare tutte le motivazioni del caso, il caldo improvviso, il mancato dormire, la scarsa colazione, la stanchezza perfino l’invidia per non aver ancora varcato la soglia di un ospedale africano rispetto a me, la mancanza di voglia di correre al traghetto, tutto per scongiurare la peggio delle ipotesi.
Abbiamo 15 chilometri di sterrato davanti, 1 ora prima della partenza del traghetto e Filippo color “Adams” sdraiato sotto un albero.
Aspettiamo il ritorno di un colorito piú umano sul volto di Filippo e ci incamminiamo spingendo le biciclette fino all’ufficio di immigrazione mozambicano.
Una strada che sembra inpraticabile ed infinita.
Arriviamo al posto di polizia e fortunatamente tutto fila liscio, qualche domanda di routine e veniamo indirizzati al traghetto che pare sia in ritardo, possiamo farcela.
Mancano 4 km nella cosi detta “Terra di nessuno” per raggiungere il Ruwuma, un pasticcone di tachipirina per Filippo e ci fiondiamo.
Ci sentiamo come in “giochi senza frontiere”, é come se avessimo un grosso timer sulla testa che scorre veloce sentenziando e ricordandoci, ad ogni buca fangosa, l’inevitabile perdita del traghetto.
Corriamo corriamo e corriamo, ad un certo punto mi volto e non vedo Filippo: sono in mezzo ad un bosco nel fango, nella terra di nessuno, l’unico mio punto di riferimento é sparito.
Un attimo di sussulto poi..eccole.. le maledizioni gridate al vento con quell’accento fiorentino a me familiare..si é rotto il porta pacchi, torno indietro e vedo Filippo, tornato ad essere un pó “Adams” piegato sulla bicicletta armato di pinze e fascette.
Lo lascio lí per correre al traghetto e cercare di fermarlo.
Corro verso l’unica strada possibile e vedo qualcosa lontano tra le frasche, sembra un molo, chiedo a due seduti sotto un albero indicazioni ( a gesti), pedalo a piu non posso, eccomi ci sono, “fermero quel traghetto”corro corro corro ed eccomi impamtanata nel niente sulle sponde del Ruwuma, nessun traghetto ma due barche semiaffondate..il timer che scorre.
Amarezza, delusione e sopratutto: dov’é il battello??
Torno indietro, Filippo é ancora alle prese con il portapacchi, trovo una strada, l’unica alternativa, mi ci butto a capofitto.
Il fango aumenta ma vedo macchine in arrivo, sicuramente appena scese dal fantomatico traghetto.
Filippo mi ha insegnato che qualsiasi cosa succeda “nel dubbio pedalare”, preso in parola mi ritrovo con il fango alle ginocchia.
La scena é la seguente: una foresta incontaminata, il fango alle ginocchia, macchine impantanate e bloccate circondate da una trentina di persone urlanti e sbraitanti in swhaili e poi, come in un film tragicomico, la voce di Filippo echeggia: “SONO DIETRO DI TE, PEDALA PEDALA PEDALA CHE LO PRENDIAMO”
Da lí immaginate la scena come una moviola, io che pedalo, nel dubbio pedalo, Filippo che grida- l’enfasi- l’eccitazione-il timer-il traghetto-il fango-la gioia nel vedere il molo-gente urla in swhaili-Filippo Addams- io che finisco catapultata in una pozza di fango un pó troppo alta-Filippo che rompe di nuovo il portapacchi-corriamo-imprechiamo- SALIAMO SUL MALEDETTO TRAGHETTO.
Stanchi ma soddisfatti arriviamo in Tanzania, posto di blocco e visto fatti in un baleno.
Tutto é diverso.
É bastato attraversare un fiume per trovare un clima diverso, facce diverse, lingua diversa, cibi diversi, fuso orario diverso.
Ci sediamo sotto una capanna, ristorante locale, sono le 13, il sole é infuocato cosi come le nostre teste.
Fililppo non si sente bene e la padrona della capanna ci offre una stuoia su cui poter riposare.
“Pennichelliamo qualche minuto”
Le ultime parole famose.
Ci addormentiamo in pochi secondi e ci risvegliamo con una decina di occhi fissanti intorno a noi dopo piu di 40 minuti, é tardi e ci aspettano ancora 40 km di sterrato.
Ci incamminiamo e tra una parola d’incoraggiamento, una parola stizzita, dovuta alla stanchezza, e una parola di conforto ci ritroviamo a cambiare un’altra camera d’aria, Filippo ha forato (Filippo 6 Vs Claudia 1).
La strada é tremenda, Filippo é stremato, io ho il fango fino alla testa, siamo sporchi e stanchi come poche volte nel nostro lungo viaggio.
Arriviamo in citta molto tardi, il primo posto che troviamo ci sembra una reggia, ci fermiamo e crolliamo.
Decidiamo di prenderci un giorno di stop, dobbiamo lavare tutto, le bici sono da aggiustare e Filippo deve sconfiggere quella maledetta “opzione”, quella che avevamo scongiurato con tutti noi stessi, quella che si riconosce soltanto facendo il test in ospedale, si signori la Malaria!!!
FILIPPO HA PRESO LA MALARIA
Nessun dramma ma tanto rammarico, siamo sempre stati attentissimi tra autan, abiti lunghi e zanzariere ma la zanzaraccia ci ha fregato.
Appena svegli stamattina siamo corsi all’ospedale piu vicino, Filippo non aveva una bella cera e la febbre alta aveva tolto spazio all’ipotesi stanchezza/raffreddore.
Abbiamo cominciato subito la cura, il dottore sostiene che con questa cura in 2 giorni la febbre sparirá e Filippo sara di nuovo in forma.
Noi ci crediamo profondamente.
Pasticche prese, cenato all’italiana (abbiamo scovato pasta buitoni, un miracolo).
Vi salutiamo da sotto la zanzariera del nostro letto con un Filippo un pó ammaccato ma grintoso come sempre.
Supereremo anche questa.
Un saluto a tutti voi.

DALLA TANZANIA CON AMORE...

Filippo si sente in forma e contro ogni parere decide di buttarsi in una tappa alquanto impegnativa. 
Ci svegliamo e partiamo salutando il nostro amico Harry, che in maniera davvero simpatica ha allietato la nostra cena della sera prima, dirigendoci verso la famosa Lindi. 
Non sappiamo bene se ce la faremo, i chilometri sono 94 circa e da qui in avanti ci troveremo sempre a lottare con Dio Eolo che, indispettito dalle nostre accuse precedenti di aver preso ferie costringendoci ad un caldo afoso, ha deciso di punirci promettendoci un vento da nord costante, impertinente ed insistente a 40 km/h.
Il vento é il peggior nemico. Pedaliamo senza sosta, per la prima volta vediamo una Claudia trainante nel vero senso della parola ed un Filippo leggermente in affanno. Non affanno vero e proprio, una fiacchezza pesante. Probabilmente i Km sono troppi, ma non abbiamo molte alternative. Arriviamo a Lindi visibilmente provati e ci dirigiamo subito nel primo hotel per riposare. Lindi non offre granché a livello storico-architettonico, nonostante fosse uno dei luoghi più importanti nel XIX secolo prima addirittura della capitale Dar es Salam ma, se non la cittá, il paesaggio tutto intorno é qualcosa di unico. 
Infatti, la citta si trova su un “creek” ovvero una insenatura del mare del tutto ricoperta di mangrovie che approfittano dell’alta marea per sopravvivere. 
Ma non stiamo parlando di un grande mangrovieto, stiamo parlando di chilometri e chilometri di mangrovieto, con colline sinuose che lo attraversano e danno movimento ad un panorama incredibile. 
Un orizzonte diverso dal solito che con i colori del tramonto rende la sonnolenta e banale Lindi parecchio più interessante. Ci aspetta un’altra tappa difficile ma vista la passata, dubitiamo di riuscire. 
Partiamo tardi causa pioggia e dopo una estenuante lotta con il vento e le salite, a soli 55 km decidiamo di arrenderci alla stanchezza e cerchiamo di arrivare al primo villaggio. 
Ecco che arriva il riscatto a tutte le fatiche, saliamo sopra una vetta e davanti a noi una baia bellissima, sabbia bianca e mangrovie, acqua celeste, imperdibile. Nessuna guida ne parla, non abbiamo idea di dove ci troviamo ne come si chiami, sappiamo soltanto che buttarsi nell’acqua calda dell’oceano e crollare sulla sabbia bianca di questo paradiso é l’unica cosa da dover fare, non ci pensiamo due volte. Inutile qualsiasi commento, le foto parlano da sole. Ripartiamo contro voglia ma consapevoli che il sole sta per calare e non sappiamo ancora dove dormiremo. Dopo una 30ina di chilometri, arriviamo ad un villaggio e con tanta fortuna troviamo una dolcissima Fatima che ci apre le porte di casa con estrema facilita offrendoci un pavimento su cui poter sistemare i nostri materassini, la nostra zanzariera, un bagno (se cosi possiamo definirlo) ed un fuoco su cui poter cucinare qualcosa: cosa sperare di piú? 
Ci docciamo, ci riposiamo mangiando come aperitivo delle strepitose “samusa” (pasta fritta con dentro varie possibili combinazioni, pollo o carne in generale in questo caso patate). 
Tutto intorno il solito capannello di persone, noi seduti su una lisa stuoia di paglia, che incredibilmente sembra la cosa piu comoda del mondo, e ci godiamo l’ora del tramonto con la famiglia di Fatima, tra cui l’amorevole nonno mohamed, e quel rumore del vento costante tra le frasche che rende tutto piú magico. 
Cala il buio, quello vero, quello per cui riesci ad abituare lo sguardo soltanto dopo un pó di ore, quello africano in cui non vedi niente ma sai di essere circondato da presenze che si salutano, camminano, bisbigliano, chiaccherano si muovono e vivono nel bui come se ci fosse la luce..noi con loro, eccitante. Decidiamo di cucinare la pasta all’olio, abbiamo ancora la nostra mitica Buitoni, che ve lo diciamo a fare, buonissima. L’indomani ci alziamo alle 5:45 e troviamo ad aspettarci “l’uomo del miele”. 
Ci hanno sentito la sera prima chiedere del miele e così ce lo hanno procurato..ma non pensate al miele bello e luccicante delle nostre confezioni, ci ha portato le api con l’alveare spezzettato chiuso dentro un secchio. Cosi, ci ritroviamo ad assistere alla preparazione del miele, l’uomo del miele afferra l’alveare ed inizia, circondato da api che si divertono a poggiarsi su di lui e perché no a pungerlo, a strizzarlo con le mani nude per ottenere il prodotto finale. Ci prepara mezzo litro di miele, qualche ape spiaccicata e qualche residuo troppo grosso ma senza dubbio uno dei mieli più appetitosi mai trovati. Questo darà la carica a Filippo nei momenti di calo di energia. Partiamo il prima possibile sperando di ingannare Eolo, ma il giochino non funziona e ci troviamo di nuovo a lottare con un vento davvero inaffrontabile. Avete mai provato a camminare con un vento contro di 40km/h? 
Per spiegare l’effetto immaginate quando in auto mettete la mano fuori dal finestrino per giocare con il vento e disegnare le onde del mare..ecco immaginate di dover affrontare quel vento in bicicletta e con 35 kg di borse attaccate addosso. Siamo spolpati, Filippo si sente sempre meglio, ma é ancora troppo presto e la nostra voglia di andare non può scordarsi che la sconfitta della malaria risale ancora a troppi pochi giorni fa. Domani urge uno stop. Arriviamo a Nangurukuru, piccolo villaggio su uno svincolo importante. 
Domani ci riposeremo, andremo a visitare Kilwa Masoko, pare sia una meraviglia, ma abbandoneremo le biciclette in hotel. Recuperiamo e ripartiamo.

DAR ES SALAAM E UN MITICO INCONTRO

Parliamo di questa grande cittá, la prima vera cittá dopo un mese.
Una città frenetica e piena di gente che cammina a velocità supersonica.
Dal posto dove abbiamo deciso di dormire al centro città dobbiamo attraversare il porto con un ferry boat che impiega 10 minuti e poco più di 1 minuto a scaricare e caricare di nuovo, ecco che la salita e la discesa si trasformano in una divertentissima corsa alla “sopravvivenza”. Abbiamo capito alla discesa il perché..immaginate due mosche bianche che inciampano in qua e la cercando di capire: perché corrono tutti?Che poi la cosa buffa é che a distanza di 50 metri dopo essere scesi continuano a correre, poi abbiamo capito, corrono per non essere travolti da folla/auto/moto/bici che all’attracco diventano un unico fiume in piena senza controllo.
Divertentissimo.
Ci piace da subito, ci aggiriamo per le vie principali in una atmosfera piacevole e simpatica.
Si, ho detto simpatica perché le persone sono tutte sorridenti, anziani che giocano a dama nei piazzali alberati e venditori ambulanti che ti offrono prodotti culinari tipici.
Per esempio, scordandoci l’attenzione da riporre sempre nella scelta dei cibi, abbiamo assaggiato un buonissimo succo di canna da zucchero FE NO ME NA LE , un simpatico signore strizzava, con un arnese strano, le canne da cui ricavava un succo che oltre alla botta energetica lascia una sensazione sul palato rara, ed anche un “ristoratore” che improvvisando lungo la strada un locale ci ha servito un piatto tipico. 
Il piatto consisteva in….non sappiamo bene..sicuramente c’era qualche crocchetta di carne, qualche verdura cotta e …va be, era altrettanto eccezionale!! Una grande citta di mare con alti palazzoni che danno su una baia bellissima ed un porto pieno di mercantili grandi quanto citta, ma con la stessa atmosfera e lo stesso carattere tipico delle migliori citta africane. 
Un mix perfetto tra vecchio e nuovo, tra africano, indiano e arabo. 
Approposito di indiano, Filippo si e fatto tagliare i capelli per ben 5 euro signori un indiano ha fatto un capolavoro, avevamo il terrore uscisse con ciuffo ingelatinato stile attore di Bollywood invece ha fatto un lavorino impeccabile e Filippo con le forze finalmente del tutto ritrovate ed il nuovo taglio é pronto alle ultime tappe.
Ma veniamo alla parte piu divertente e simbolica: abbiamo conosciuto Freddie e Maddalena.
Vi domanderete chi sono! 
Ve lo diciamo.

Due malati di Africa, ma quei malati veri che hanno dovuto fare dell’Africa la propria casa per la vita. 
Due interessantissime persone, lui giornalista scrittore e lei fotografa, che vivono a Malindi (Kenya).
Freddie si occupa di un sito http://www.malindikenya.net che con irriverenza, simpatia, ironia e con molta accuratezza si occupa di parlare di questo affascinante quanto complesso e stereotipizzato mondo africano.
Abbiamo contattato Freddie e Maddalena per il nostro arrivo ma essendo loro in giro per la Tanzania siamo riusciti a trovarci a Dar Es Salaam, qualche oretta insieme è stata davvero un bel regalo. Persone interessanti e con una carica addosso contagiosa.
Insomma questa Dar es Salaam ci ha rilassato ma anche divertito, speriamo di rivederla presto.
Lasciata Dar, e la sua infinita periferia (40 km) ci siamo diretti a Bagamoyo e dopo circa 70 km ci siamo goduti un posto incredibile, anche questo sul mare.
Stasera ci siamo goduti una cena un po’ arrangiata ma in un giardino niente male, con un venticello costante che ripaga il caldo preso sotto il sole cocente durante la pedalata (44 gradi percepiti), domani avremo da affrontare sterrato in mezzo ad un parco naturale , sempre che sia permesso passare in bici vista la presenza di leoni e bufali, ma il problema lo affronteremo domani.
Buona notte a tutti da Bagamoyo. 

L'ARRIVO IN KENYA

A volte ci rendiamo conto che descriviamo un paesaggio o una citta o ancora un villaggio dicendo “uno dei migliori mai visti fino ad ora”, ma che possiamo farci, di km in km stiamo davvero vedendo e godendo di paesaggi talmente eccezionali che non riusciamo a paragonarli e ci sembrano sempre più belli.
Lasciato il campeggio sulla spiaggia di Hushongo ci dirigiamo verso Tanga, la strada é rossa e si inerpica tra colline ricoperte di piantagioni di agave.
Siamo riusciti a partire presto, il sole si sta lentamente alzando con i suoi raggi ancora tiepidi regala degli scorci unici.
La strada é davvero dura, uno sterrato sassoso con cui ti senti rimbalzare ogni muscolo del corpo, cosí per 74 km. 
Siamo gia eccitati all’idea di arrivare a Tanga, sará l’ultima cittá tanzaniana poi il confine e la conquista del quarto stato del nostro itinerario: il Kenya.
Arriviamo stravolti a Tanga, ma come due formichine lavoratrici ed instancabili fermiamo le gambe e ci dedichiamo al lavaggio di tutto l’equipaggiamento, lo sterrato ha regalato tanta polvere e fango…l’ultimo sterrato sul nostro lungo itinerario.
Terminato il lavaggio andiamo a scoprire Tanga.
Una citta piacevole!
Molto curata, tanti fiori ed una atmosfera viva, ci piace.
Questa citta e famosa perche nel XIX secolo era lo snodo principale del commercio di avorio e con l’arrivo dei tedeschi, che costruirono la prima linea ferroviaria che si inoltrava fino al Kilumanjaro, si sviluppò anche la coltivazione di sisal (agave) che fece della Tanzania il primo esportatore mondiale di tale prodotto.
Sfortunatamente negli anni ’70 crollo il commercio di agave e la citta, entrata in crisi, non ha piu navigato in buone acque.
Detto cio, nonostante le guide non gli diano tanta rilevanza, noi la troviamo molto affascinante e ci godiamo il bel Jamhuri Park dove un simpatico vecchietto ci prepara una macedonia di frutta eccezionale.
A letto presto e sveglia con il sole per la tappa tanto attesa, tanto agognata, quella in cui lasciamo la Tanzania per avvicinarci sempre di piu all’arrivo.
Ogni chilometro ci sembra piu emozionante.
Siamo felici, energici ed abbiamo in corpo quella carica data dalla vista dell’arrivo.
Come quando un corridore vede in lontananza il traguardo, quell’attimo in cui sente di potersi rilassare ma sa che non puo, anzi, deve pigiare di piu, deve dare il tutto per tutto e allora spinge fino allo stremo.
Ecco come arriviamo al confine, esattamente cosi, come ad un traguardo.
Sappiamo che non è la fine ma é un traguardo e ce lo godiamo con una emozione mai provata.
Il nostro sguardo é incredulo e resta cosi fino al nostro arrivo a Msambweni, posto in cui dormiamo, a dire il vero il nostro sguardo é cosi tutt’ora e probabilmente rimmarrá tale fino all’arrivo finale.
Siamo sfiniti, l’adrenalina é alta ma il fisico sente il peso dei chilometri e saremmo bugiardi dicendo che siamo in forma, siamo provati, la nottatta é stata dura, un po di acciacchi e di dolenza generale ma la sveglia arriva e come schegge ci dirigiamo verso la magica Mombasa.
Mombasa..con il suo traffico caotico, i suoi mercati, il forte portoghese, il suo mare meraviglioso tutto intorno,i suoi colori é magica, unica e la attraversiamo con il solito sguardo incredulo ancora piu stanchi, ancora piú felici!
Mancano due tappe, mancano pochi chilometri noi ci guardiamo e non riusciamo ad esprimere tutte le emozioni, ci guardiamo in silenzio che pero rimbomba come se gridassimo: CI SIAMO CI SIAMO CI SIAMO CI SIAMO CI SIAMOOOOOOO
Ci godiamo l’amata Mombasa e come due bambini increduli né prendiamo la magia per portarcela dietro nei nostri ultimi chilometri.
MANCA POCHISSSSSSSIMOOO
Claudia e Filippo

E FINALMENTE...MALINDI!

"Siamo emozionatissimi, ancora non crediamo di avercela fatta!". 
Questo è il commento a caldo di Filippo Tosini e Claudia Bartolozzi, i due toscani che hanno casa a Mambrui reduci da un'avventura incredibile, da Città del Capo a Mambrui in bicicletta. Quattro mesi, 7000 chilometri, quasi cento tappe. Un'impresa titanica di due ragazzi coraggiosi che hanno tagliato una fetta d'Africa costiera con le due ruote, passando dagli scenari moderni del pericoloso Sud Africa al selvaggio Mozambico, tra malaria e sporcizia, accoglienza e scarsità di cibo. Poi la Tanzania, bella e già in "odore di casa" e infine la costa keniota. 
"Ripartirei domani - il commento di Claudia - ma sono contentissima di essere arrivata a Malindi. 
Dopo 4 mesi c'è il bisogno di fermarsi nel luogo a noi caro, anche per rivedere il "film" di quel che abbiamo fatto e pensare al futuro". La passione dei due ragazzi è quella di creare safari su due ruote su misura per chi ama un turismo diverso, diretto, un'avventura inedita e speciale, condita da tanto sport.
"Ne abbiamo passate di tutti i colori - racconta Filippo - ma le uniche sensazioni di pericolo le abbiamo vissute in Sud Africa, perché dal Mozambico in poi ci siamo sempre sentiti a casa nostra e abbiamo avuto solo sorrisi e gentilezza dalla popolazione pià povera e anche nelle città".
L'avventura di Filippo e Claudia è stata raccontata giorno dopo giorno, con il contorno di splendide immagini, sul blog cyclearoundafrica.com

TAGS: Bici KenyaBicicletta AfricaCape Town-MalindiPedalare KenyaCycle Around AfricaFilippo Tosini

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