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Mama Kadzo e i babbuini di Kilifi: la fame e il rispetto

Una storia vera di cronaca riletta e romanzata da malindikenya.net

22-02-2018 di Freddie del Curatolo

Qualche tempo fa apparve sul quotidiano Nation l'ennesima notizia della "caccia" alle scimmie nei dintorni di Gede, dettata dalle condizioni di fame degli abitanti del luogo. Si calcola infatti che un villaggio su tre, nel distretto di Kilifi, faccia fatica a dividersi un pasto al giorno a base di polenta, sugo di pomodoro e verdura. 
Torna alla memoria una scena raccontata anni fa dallo stesso giornale, quando una donna non più giovane, vicino Kilifi, fu aggredita a colpi di noci di cocco e pietre, da un gruppo di una trentina di babbuini, e venne tratta in salvo da un uomo che è riuscito a metterli in fuga, permettendo alla “mama” di raggiungere la sua capanna. Il motivo del contendere era un babbuino morto che la signora aveva raccolto dalla strada subito dopo un incidente con un pulmino e che voleva portare a casa con l'intenzione di cucinarlo.
Di seguito, ecco come malindikenya.net ha immaginato la scena.

La signora Kadzo Ziro ne ha viste tante, nella sua vita.
Avendo superato i cinquant’anni, a buon diritto può essere chiamata “nyanya”, una donna saggia e navigata che ha tirato su un intero villaggio, a pochi chilometri da Kilifi.
Questo però è un tempo strano, che Mama Kadzo fatica a capire: i nipoti arrivano al villaggio col telefonino ma negli ospedali non si trovano più le medicine a prezzi accessibili, suo figlio Kalume ha comperato una moto ma non ha la farina per la polenta da dare ai suoi figli.
Tempi difficili, che a volte è meglio non capire.
Così Mama Kadzo attraversa la grande strada provinciale, come tutti i giorni, per andare a fare gli spinaci nel campo, che sta nell’interno. Non fa a tempo a raggiungere la parte opposta della carreggiata che con la coda dell’occhio vede sopraggiungere un matatu.
E’ in quel momento che sente il botto. 
Sulle prime trema, non vorrebbe voltarsi. 
Ha paura che si tratti di un bimbo, di un nipote che l’ha seguita.
Poi pensa alle sue tre caprette. 
Niente di tutto questo. A terra, in una piccola pozza di sangue, c’è un babbuino.
Proprio in mezzo alla strada.
Dall’altra parte è la sua famiglia a disperarsi. Sono in una decina, ma ne stanno sopraggiungendo altri.
Chissà se soffrono come soffrirebbe una mamma, un padre, pensa Mama Kadzo.
Chissà.
Ma è un pensiero che la sfiora soltanto, perché subito si fa largo un’idea che arriva direttamente dalla bocca dello stomaco, dalla pentola semivuota della sera prima, dagli spinaci-sempre-gli-spinaci, dalle promesse non mantenute dai politici che erano venuti l’anno scorso a fare campagna elettorale proprio a due passi dal suo villaggio e se ne erano andati con grandi fuoristrada dai vetri scuri.
Con uno scatto degno di una gazzella, Mama Kadzo sfida la strada, raccoglie l’animale ancora tiepido e se lo mette sotto il braccio, facendo marcia indietro verso la capanna.
Oggi niente sukuma wiki, niente spinaci.
Oggi è festa.
Mungu Akubariki.
Sempre sia lodato.
Ma i babbuini non la pensano così.
Non c’è proprio niente da festeggiare, anzi, se potessimo gli faremmo un gran bel funerale.
O al limite, se proprio non si trova di meglio in giro, ce lo mangeremmo noi.
No, non è giusto!
Gli esemplari ora sono diventati una trentina e circondano Mama Kadzo.
Molla nostro fratello, sembrano voler dire.
Troppo tardi, sembra dire Mama Kadzo, digrignando i pochi denti che le sono rimasti.
Ho già immaginato il sughetto.
La scimmia va con le cipolle, non con l’aglio.
E di contorno ci starebbero bene i fagioli, se ce ne fossero.
E’ mio, l’ho trovato io!
Avete forse un documento che attesti che è vostro?
Ma i babbuini non ci sentono.
Emettono urla acutissime, hanno gli occhi cattivi.
Alcuni sono già sulla palma e scaraventano all’indirizzo della donna grosse noci di cocco, altri hanno preso pietre dal ciglio della strada e gliele lanciano addosso.
La donna allora torna sull’asfalto. I babbuini hanno paura delle automobili, anch’io per la verità.
Per un attimo però si tengono lontani.
Così mama Kadzo si agita e riesce a fermare un pick-up che sopraggiunge.
Lo guida un signore di Chumani, ben vestito.
Parla il dialetto giriama, per fortuna.
Ne mette in fuga un po’ facendo due manovre con la macchina, poi tiene il motore acceso ed esce con il cric.
Si sente quasi in un film di quelli trasmessi da Ktn.
E’ contento di aver messo in casa la parabola satellitare, anche se adesso mangia la carne solo una volta alla settimana.
Però, no, la scimmia proprio no.
Comunque quando una donna chiede aiuto, si deve sempre accorrere.
Fatevi sotto se avete il coraggio.
I babbuini scappano e mama Kadzo, lanciando un’occhiata furtiva di ringraziamento come a dire “se passa di qua stasera, può assaggiare uno stufatino di scimmia”, sparisce nella boscaglia e raggiunge la sua capanna.
Oggi è festa. 
Sia benedetto l’uomo.
Per gli animali, c'è sempre tempo.

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